La propaganda cinese a base di rap, nonostante la cultura Hip hop sia vietata in televisione
Adesso la propaganda cinese è declamata anche col rap. Si tratta dell’ultima trovata artistica e comunicativa della Cina. Grazie all’aiuto dell’artista Su Han, infatti, la Repubblica popolare cinese ha realizzato un brano della durata di circa 5 minuti, nel quale viene osannato ogni aspetto della politica attualmente in mano al segretario Xi Jinping.
Propaganda cinese: le caratteristiche di Two Sessions
Two Sessions è il titolo dell’opera in questione e, come riporta CinaOggi.it, affronta i più disparati argomenti, tra cui le “due sessioni del congresso del parlamento cinese e soprattutto delle vittorie scientifiche e sociali ottenute dal governo cinese recentemente, come ad esempio l’atterraggio sul lato oscuro della Luna e il controverso progetto della finta luna di Chengdu”. Non sono le uniche tematiche affrontante all’interno del pezzo, anche perché ampio spazio è dedicato alla cultura e all‘istruzione. Di fatto, proprio quest’ultima è stata al centro di numerose critiche, in quanto nel brano Su Han sottolinea l’esigenza di dover modellare fin da subito le giovani menti per farle decollare “come Skywalker“.
Oltre ad avere un obiettivo interno e mirato alle giovani generazioni, il brano della propaganda cinese è totalmente scritto e interpretato in lingua inglese. Ciò fa intendere che la Cina abbia intenzione di ampliare la comunicazione propagandistica oltre i propri confini. E non sarebbe un caso, visto che, negli ultimi anni, Xi Jinping sta accelerando la realizzazione della Belt and Road Initiative – che vede tra le sue file anche l’Italia.
La cultura Hip hop è stata abolita dalla televisione cinese
Tuttavia bisogna fare una precisazione. La pubblicazione di Two Sessions rappresenta una contraddizione molto forte nelle scelte culturali apportare dalla Cina. Non va dimenticato, infatti, che all’inizio del 2018 la Repubblica popolare cinese ha emesso un’ordinanza per vietare a diversi esponenti della cultura Hip hop di intervenire nei programmi televisivi. Un divieto che non è rimasto circoscritto unicamente a questo genere musicale, ma che riguarda anche “la sub-culture (non-mainstream culture) and dispirited culture (decadent culture)”, oltre agli attori con i tatuaggi, come riporta il Time.
Il divieto porta la firma dello State Administration of Press, Publication, Radio, Film and Television of the People’s Republic of China (SAPPRFT), il principale organo di regolamentazione della comunicazione del paese asiatico. Gao Changli, direttore del dipartimento di pubblicità dell’amministrazione, ha delineato anche le quattro linee guida da seguire tassativamente: non usare personaggi il cui cuore e la morale non sono allineati con il partito e la cui moralità non è nobile; non usare personaggi che sono insipidi, volgari e osceni; non usare personaggi il cui livello ideologico è basso e senza classe; e non usare personaggi con macchie, scandali e integrità morale compromessa.
Si evince, dunque, che la propaganda cinese non tollera le voci fuori dal coro, nonostante voglia parlare in tutti i modi alle nuove generazioni e all’opinione pubblica mondiale, anche usufruendo di quelle culture ripudiate in termini mediatici.
Articolo di Angelo Andrea Vegliante