Giornata della Rivolta Tibetana: il 10 marzo manifestazione a Roma
La marcia di Tenzin Tsundue in favore della questione tibetana giungerà alla sua conclusione il 10 marzo 2021, data della Giornata Nazionale della Rivolta Tibetana, che ripercorre alcuni fatti avvenuti nel 1959 in risposta all’oppressione cinese e al bombardamento della città di Lhasa. Nota anche come Tibetan Uprising Day, la celebrazione, ogni 10 marzo, ha luogo in India e in molti altri Pesi e parti del mondo. E, sempre come tutti gli anni, anche a Roma, precisamente a via Bruxelles 56 dove, tra le 11:00 e le 13:00, avrà luogo una manifestazione proprio in occasione di questa 62esima ricorrenza.
Che cos’è la Giornata della Rivolta Tibetana?
Ogni 10 marzo, da ben 62 anni, si ricorda la data in cui la capitale del Tibet Lhasa fu luogo di una sollevazione pubblica contro l’oppressione delle politiche cinesi nei confronti del popolo tibetano. Fu un evento che la stessa Cina represse con una strage di oltre 87mila persone. Ciò fece scoppiare una miccia molto importante, in quanto ben 7 giorni dopo l’allora 24enne Dalai Lama, Tenzi Gyatso, fuggì assieme a oltre 80mila tibetani per cercare rifugio in India, luogo dove tutt’ora vivono tantissimi rifugiati e sede della Central Tibetan Administration.
Perché è necessario manifestare per la Giornata Nazionale della Rivolta Tibetana
Per motivare ancora di più l’esigenza di scendere in piazza in favore della questione tibetana, scomodiamo le dichiarazioni del 2019 di Lobsang Sangay, presidente della Central Tibetan Administration che, nel 60esimo anniversario dell’insurrezione di Lhasa, usò delle parole che – purtroppo – ancora oggi raccontano le condizioni estreme nelle quali i tibetani sono costretti a vivere. “Negli ultimi sei decenni – disse Lobsang Sangay -, il governo di Pechino ha represso brutalmente il popolo tibetano, ci ha negato i nostri diritti fondamentali e ha costantemente perseguito politiche sistematiche per reprimere la lingua, la cultura, l’identità unica e le pratiche spirituali tibetane. In sostanza, la Cina ha deliberatamente mirato a sradicare la civiltà del Tibet dalla faccia di questa terra”.
Parole che, ancora oggi, raccontano di diritti umani negati, così ai tibetani quanto ad altre minoranze, come gli uiguri. “Come preludio alla sua ambizione di controllare la rete di sorveglianza globale, la Cina utilizza il Tibet come terreno di prova per metodi di sorveglianza ad alta tecnologia. Utilizzando un ‘sistema a griglia di gestione sociale’, il Partito Comunista rafforza il suo controllo orwelliano sulla sorveglianza sia elettronica che fisica del Tibet”. Scene che sono persino state documentate, e che hanno sollevato diversi questioni internazionali, come l’esistenza di campi di concentramento e il movimento di protesta nato per boicottare le Olimpiadi di Pechino 2022.
“Allo stesso modo – continuò Lobsang Sangay -, in esilio, non solo ci siamo ricostruiti, ma siamo anche diventati una comunità prospera e di successo. […] Le famiglie hanno formato comunità per seminare semi di speranza nei loro campi di grano. Uomini e donne hanno rinnovato le loro abilità per tessere tappeti e aprire un futuro migliore per i loro figli”. Un futuro a oggi minacciato dalla situazione pandemica dal Covid, ma che ora sta piano piano migliorando, come ci ha raccontato qualche giorno fa il vicepresidente dell’Associazione Italia-Tibet Sangpo Tenzin. Tuttavia per salvare il popolo tibetano bisogna fare ancora di più.
Articolo di Angelo Andrea Vegliante