Consiglio Diritti Umani, eletta la Cina: il multilateralismo non funziona più?
Il 13 ottobre 2020 all’Assemblea generale delle Nazioni Unite di New York è avvenuta l’elezione dei 15 posti vacanti nel Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. Tra gli Stati eletti per i prossimi tre anni figurano Cuba, Pakistan, Russia e Cina, paesi che non brillano proprio per coscienza e consapevolezza sulla salvaguardia dei diritti umani.
Prima delle votazioni, racconta AsiaNews, alcune ONG avevano chiesto agli Stati membri di bloccare l’ingresso della Cina nel Consiglio – a ragion veduta visto che, solo negli ultimi mesi, abbiamo assistito a numerose testimonianze di violazioni dei diritti umani perpetrate da Pechino.
Basti ricordare la questione Hong Kong (con protagonisti Nathan Law, Agnes Chow e Joshua Wong), alle numerose inchieste che svelano torture e abusi nei confronti degli uiguri nello Xinjiang, la lunghissima trafila di oppressioni andate in scena in Tibet e le recenti domande attorno al ruolo della Cina nella pandemia da Coronavirus.
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Cina nel Consiglio per i Diritti Umani, il commento di Laura Hart sul multilateralismo
Dopo averla incontrata in occasione della prima uscita europea di Nathan Law, Laura Hart è tornata a parlare della Cina, e l’ha fatto affidando le sue parole a Formiche.net per commentare quanto accaduto lo scorso 13 ottobre.
Secondo Hart, l’elezione della Cina al Consiglio dei Diritti Umani nasconde un duplice messaggio. Da un lato, “è una chiara indicazione che ‘c’è qualcosa di marcio’ nel sistema multilaterale, basato sul intergovernamentalismo perfetto”. Dall’altro, però, dati alla mano, Pechino ha ricevuto meno voti per l’elezione rispetto al 2016 (139 voti nel 2020, 180 quattro anni fa): segno che “qualcosa è cambiato” soprattutto nella consapevolezza dei Paesi democratici sulla questione cinese.
Per ora, dunque, il dibattito si polarizza: multilateralismo sì o no? Una polarizzazione che trova anche degli interpreti, da una curva all’altra. Di fatto Hart sottolinea che “abbiamo l’adagio popolare di un governo statunitense che si è ritirato dal modello multilaterale”, una condizione che ha permesso alla Cina di colmare questo vuoto “con grandi dichiarazioni sull’importanza del multilateralismo e la sua prontezza a giocarne un ruolo chiave”.
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Ma come mai la Cina sta difendendo il concetto del multilateralismo? In primis perché da diversi anni la politica della “non-interferenza” nei confronti della Repubblica popolare cinese si sta ampliando oltre i propri confini nazionali.
Pechino, secondo Hart, “cerca attivamente di minare i meccanismi e gli organismi internazionali istituiti proprio per fornire un livello di protezione quando esso viene negato sul piano nazionale. Lo sviluppo senza diritti che il Partito comunista ha sancito all’interno della Cina è diventato uno strumento di politica estera diffuso in tutto il mondo”.
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Una delle conseguenze di questa strategia è sotto gli occhi di tutti: ormai è diventato “impossibile” condannare il Paese per i suoi crimini “tramite una dichiarazione votata da una maggioranza all’interno del Consiglio Diritti Umani”. Ed è qui, appunto, che si mostra il limite più grande del “multilateralismo intergovernativo perfetto”.
Una ‘perfezione’ che sta mostrando tutte le proprie crepe profonde, anche alla luce dell’attuale inchiesta internazionale sulle origini del nuovo Coronavirus, per la quale “l’Oms – ricorda Hart – aspetta ancora l’approvazione della lista degli esperti da parte del governo cinese per poter svolgere l’indagine in loco”.
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Consiglio Diritti Umani, è la fine del multilateralismo?
L’elezione di Paesi come la Cina nel Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha quindi diverse sfaccettature da osservare. Sicuramente, le consapevolezza sul ruolo di Pechino nelle violazioni è aumentata. D’altra parte, però, c’è ancora molto da fare, e magari andrà cambiato persino il paradigma di questo traballante multilateralismo perfetto. Così perfetto che, forse, si sta dimenticando di difendere chi sta realmente subendo enormi atrocità.
Articolo di Angelo Andrea Vegliante
Fonte foto: jpic-jp.org
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