Storia e significato delle bandiere di preghiera tibetane
Dopo aver studiato la storia e il significato dietro la bandiera tibetana, quest’oggi andiamo alla scoperta delle bandiere di preghiera tibetane. Quest’ultime, infatti, non sono come il vessillo rappresentativo del popolo tibetano, ma sono dei rettangoli di stoffa, più o meno lunghi, colorati o bianchi che, in base alla posizione e ai testi iscritti, assumono un diverso nome. Andiamo alla scoperta della loro natura.
Cosa sono le bandiere di preghiera tibetane?
Le bandiere di preghiera tibetane sono unite tra loro a formare dei lunghi cordoli colorati, i quali rappresentano diversi significati in base a come sono appese. Prima di capire come mai, piccolo passo indietro nella storia.
Queste piccole bandiere non avrebbero un’origine tibetana pura, ma proverrebbero da un’antica religione precedente il buddhismo, la
Bön, che sarebbe stata diffusa sia in Tibet che in Nepal. Si narra che lo sciamano Bonpo utilizzasse questi piccoli vessilli per onorare alcune cerimonie.
Come dicevamo poc’anzi, possiamo incontrare due tipologie di bandiere di preghiera tibetane:
- lung-ta (Cavallo nel vento) quando troviamo la fila di bandiere appese orizzontalmente, i cui testi stampati sopra richiamano all’armonia, alla saggezza e alla pace (sono spesso sulle cime delle montagne o sui tetti dei tempi).
- darchor, pezzi di stoffa rettangolari e molto grandi posti in maniera verticale e piantati nel terreno sui tetti o sulle montagne. C’è una figura che caratterizza queste bandierine, il Dhavaja (“vessillo”), simbolo della vittoria.
Ma come mai questa bandierine sono così diffuse in Tibet? Merito del monaco indiano Atisha (980-1054), il quale ottenne di stampare questi vessilli di preghiera anche in Tibet e Nepal. Una diffusione che si ridusse drasticamente nel 1966 con la Rivoluzione culturale lanciata dalla Repubblica Popolare Cinese di Mao Zedong.
Come sono fatte le bandiere di preghiera tibetane?
Questi particolari simboli non sono divisibili tra loro, ma devono essere legati. In una sequenza che si ripete più volte di 5 rettangoli, ognuno di un colore diverso a rappresentare i cinque elementi e le “cinque pure luci”. Vanno ordinati da destra a sinistra nel seguente modo: giallo, verde, rosso, bianco e blu. Ogni colore ha un significato:
- Giallo è la terra;
- Verde è l’acqua;
- Rosso è il fuoco;
- Bianco è l’aria;
- Blu è il cielo e lo spazio.
Ogni rettangolo di stoffa contiene più di 400 mantra, la preghiera tibetana intesa come strumento di pensiero, che hanno come scopo la diffusione di messaggi quali amore, compassione, saggezza e forza. Al centro è disegnato un cavallo che trasporta i 3 gioielli, che rappresentano il Buddha, il Dharma e il Sanga.
Il Cavalo (Ta) è il simbolo della velocità e della trasformazione della sorte da negativa in positiva. E il nome di queste bandierine è appunto Lung.ta che vuol dire “cavallo del vento”. Agli angoli sono rappresentati quattro animali sacri: Garuda, drago, tigre e leone delle nevi (che indicano saggezza, forza, intelligenza e coraggio).
Quando usare le bandiere di preghiera tibetane?
Generalmente, le bandierine vengono esposte all’aperto, negli alti passi di montagna, in quanto vengono considerate uno strumento per l’energia che contengono: cioè messaggi che devono essere affidati al vento.
Questo dettaglio ci permette di sfatare un mito: i mantra non sono preghiere agli dei, ma sono appunto messaggi da inviare al vento, così da purificare l’aria e portare beneficio a tutti. Una volta che le bandiere sbiadisono, possono essere lasciate consumarsi oppure rimpiazzate, spesso in ocasioni rituali come durante il Capodanno Tibetano con delle nuove, poiché la tradizione tibetana ritiene che questo concetto simboleggi il cambiamento perpetuo della vita e che ogni essere appartiene a un disegno più grande.
In alcuni casi, è raccomandato di bruciare le vecchie bandierine, in modo che il fumo possa irrorare l’aria dei messaggi positivi che contengono. Vanno, comunque, sempre trattate con rispetto per le parole sacre in esse contenute.
Per conoscere quand’è il periodo migliore per issare una bandiera di preghiera tibetana, è opportuno studiare il calendario dell’astrologia tibetana, che differenza tra i giorni buoni (PF – Prayer Flags) da quelli non buoni (NPF – No Prayer Flags).
Articolo di Angelo Andrea Vegliante