Una “disponibilità” molto condizionata…
La Cina si è detta disponibile ad avviare colloqui sul futuro di Sua Santità il 14°Dalai Lama a patto che siano rispettate alcune condizioni
Secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, lo scorso 10 febbraio il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Guo Jiakun ha dichiarato, nel corso di una conferenza stampa, che la Cina è aperta a colloqui sul futuro del Premio Nobel per la Pace a patto che egli abbandoni quella che Pechino percepisce come una posizione separatista.
Per non parlare delle interferenze della RPC sul tema della reincarnazione. Spettro che inevitabilmente si avvicina, visto che Sua Santità il Dalai Lama, che compirà 90 anni il prossimo 5 luglio.
Eppure ai suoi tempi Mao aveva preso ampie distanze dal tema, asserendo “la religione è un veleno”. Adesso quello stesso “veleno” torna alla ribalta sotto forma di un diritto legittimo e imprescindibile. Tanto che negli ultimi anni la RPC si è ampiamente adoperata per istituzionalizzare il controllo sul riconoscimento delle figure buddiste reincarnate e nel settembre 2024 ha organizzato a Lanzhou un convegno per discutere le politiche e i regolamenti che disciplinano la “reincarnazione dei Buddha viventi”, rafforzando il principio secondo cui tutte le reincarnazioni devono aderire alle norme imposte dal governo. Promuovendo, inoltre, l’uso del metodo dell’“Urna d’oro”, una procedura controversa che concede al governo cinese l’ultima parola nella selezione dei leader buddisti reincarnati.
Il Dalai Lama, tuttavia, ha ripetutamente respinto la legittimità del processo dell’urna d’oro. Nella sua dichiarazione del 2011, ha sottolineato che, sebbene questo metodo sia stato storicamente imposto dalla dinastia Qing nel XVIII secolo, i tibetani non l’hanno mai accettato pienamente come una pratica spiritualmente valida.
Fonte parziale: Phayul (mod.)